Caltagirone lascia la costruzione del porto. E’ l’ultima contraddizione dell’Ingegnere ad honorem, alle cui parole non crede più nessuno da tempo. “Resterò, continuerò, finirò” eccetera. Macché, la sua Acquamare continuerà a tenersi il 33% della Porto di Imperia S.p.a. ma mollerà il ruolo di ‘general contractor’, cioè la vera e propria costruzione dell’opera. Come sappiamo, l’Acquamare si prese quest’onere in cambio del 70% di tutto il costruito (scelta da noi ampiamente contestata); ed è notizia recente che su questo 70% grava pure un’ipoteca che di fatto tiene in piedi l’imprenditore romano.
Non ci mancherà, l’Acquamare, con le sue insolvenze e il suo stato finanziario barcollante. Ma ora ci sarà da capire come si evolveranno le cose: innanzitutto chi entrerà al posto di Acquamare? E come verrà pagato? Con la stessa formula? Ma come potrà la Porto di Imperia promettere ad un altro lo stesso 70%, che è già pure ipotecato? Oppure pagherà cash? E quel che è stato costruito fin’ora, come viene pagato, e a chi? E soprattutto, quanto? Quest’ultima domanda è tutt’altro che retorica, dato che la questione dei conti è quella contestata ampiamente dalla Commissione di vigilanza che non è mai riuscita a districarsi nei documenti – alcuni sembra incompleti, alcuni dubbi, alcuni oggetti di indagine, alcuni scritti con l’inchiostro simpatico – forniti nel tempo (e malvolentieri) dalla società.
Non vorrei trovarmi, in questo momento, nei panni degli addetti stampa che hanno ricevuto l’ordine di buttar giù le motivazioni ufficiali della scelta. Punto sul sempreverde ‘lo faccio nell’interesse della città’, e sai che questa volta potrebbe anche esser quasi vero?
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