E’ notizia degli ultimi giorni che il Porto di Imperia, non ancora terminato, sia ipotecato. Non da oggi, ma dal 2007. Nessuno, almeno ufficialmente, sapeva nulla dell’ipoteca richiesta da Acquamare che a garanzia ha dato la sua parte del porto.
Poi c’è la questione del risarcimento: “Non chiederemo i danni al Comune”, diceva. Poi l’ha chiesto (solo 4 milioni) direttamente ai membri della Commissione di Vigilanza e Collaudo, di cui comunque un componente è di nomina diretta del Sindaco.
Per non tornare sul famoso contratto di permuta con cui la Porto di Imperia S.p.a. ha dato a Caltagirone il 70% delle opere in cambio della loro costruzione: i dettagli il Comune li ha conosciuti solo questo settembre, dopo anni dalla stipula.
Infine il capannone. A marzo Caltagirone finalmente ci rassicurava: il capannone sarà tirato giù e ricostruito come da progetto. Tutti d’accordo, allora: dài, si riparte sul pulito, viva la legalità, abbiamo commesso piccole leggerezze, ora però è tempo di rimediare.
Pensare che il Comune aveva emesso pure un ordine di demolizione, per costringerlo a mantenere la parola e togliersi finalmente questa dolorosa e vistosa spina nel fianco, per l’opinione pubblica simbolo di una ‘irregolarità diffusa’ oramai assodata. Niente da fare, promesse da marinaio. Oggi il Comune viene a sapere che Acquamare ha fatto ricorso contro quell’ordinanza. ‘Viene a sapere’ nel senso che nemmeno ne hanno discusso, macché. E’ arrivata la notifica dal tribunale.
Tutto sempre a insaputa dell’Amministrazione, che continua allegramente a farsi prendere per i fondelli da Caltagirone. Che in quanto a promesse, è proprio un bel marinaio.
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