il blog di Giorgio Montanari

candidato consigliere comunale a Imperia per Guido Abbo Sindaco

Accettare le (e)lezioni

Se la vita ci riserva lezioni quotidiane, è così anche in politica. Le (e)lezioni -soprattutto quando vanno male- ci devono servire a capire meglio, a distanziare il punto di vista, a vedere gli errori e possibilmente a imparare a non farli più, migliorandosi. Dal voto dello scorso week-end bisognerà pure imparare qualcosa, e di conseguenza cambiare qualcosa in noi. Nulla mai cambierà se nessuno inizierà mai a cambiare, partendo dalle cose che fa.

Da un paio di giorni leggo i commenti a caldo dei vari trombati nostrani, categoria in cui a questo giro rientrano praticamente tutti (ok, tutti tranne i grillini). Le formule utilizzate per descrivere la débacle sono più o meno simili nella loro ritualità, e contemplano l’inconfutabile desiderio popolare di rinnovamento, l’incapacità a farsi accettare come alternativa, le difficoltà comunicative, l’aumento del voto di protesta, etc. etc. Non si trovano grandi spunti e nessuno si sbilancia nel merito, inclusa Carla Nattero (SEL) che dice (riferendosi alle prossime amministrative e al PD locale): “vedremo se il PD, soprattutto, saprà imparare da questo voto”. Già, vedremo.

Oggi su Il Secolo XIX le risponde Riccardo Giordano, capogruppo PD in Consiglio Provinciale:

Ma cosa dice? Ogni volta che si va al voto, la sinistra radicale dà un segnale di pochezza. A sinistra del Pd non c’è più niente! Il ragionamento per cui la colpa alla fine è del Pd, non ha né capo né coda. Sel è al 3 per cento, Ingroia non arriva al 2. In Italia il voto cosiddetto “antagonista” l’ha intercettato Grillo.

E’ difficile dar torto a questa interpretazione, perché i numeri son numeri. Una massiccia convergenza su una sinistra extra-Pd (e ancor di più extra-Vendola) avrebbe anche potuto far supporre la persistenza di un voto ideologico così forte e radicato da non poter rientrare nell’alleanza “Bene Comune” che Bersani ha capitanato. Ma i risultati di SEL (e di Ingroia) ci dicono che alla prova dei fatti non è così, e che c’è dell’altro: i cittadini sono evidentemente un po’ stufi dei simboli e delle ideologie, ci piaccia o no. E il distacco non è di certo slegato dalla situazione congiunturale, e cioè dalla cinghia che si stringe e dalla casta che mangia – detto per semplificare.

Bisogna fare qualcosa, e siccome non si possono cambiare le proprie convinzioni per il consenso, forse è il caso di tentare di cambiare il rivestimento, il modo di porsi, il tipo di messaggio, cioè concentrarsi anche un po’ sul come anziché solo sul cosa. C’è un personaggio, nel PD imperiese, che una riunione su due sentenzia “in politica la forma è sostanza!”. L’ho sempre reputata una mezza belinata, ma ora ho il dubbio che forse no, non lo è mica poi tanto.

Ognuno imparerà da questo voto ciò che riesce e/o ciò che vuole. Per quanto mi riguarda, il PD imperiese non può aspettare ulteriori ripetizioni e deve darsi una mossa, perché una spiegazione come quella che gli italiani hanno voluto farci intendere qualche giorno fa, è fin troppo chiara. Altrimenti si finirà dietro la lavagna con le orecchie da asino, mentre qualcun altro siederà in cattedra senza aver minimamente studiato la lezione, ma -per rimanere in metafora- con la capacità di raccontare molto bene quel poco che sa. Tra 87 giorni si riunisce la commissione d’esame, formata da circa 32.000 imperiesi. Non è che ci sia ancora chissà quanto tempo per ripassare.

Ps: scrivendo del dare e ricevere lezioni mi è tornato in mente questo post di Luca Sofri che mi piace molto; chi vuol fare politica -a partire da me- dovrebbe leggerlo e rileggerlo spesso

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