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Il punto su legge elettorale, porcellum, primarie e fiduciarie

Come sappiamo la Consulta ha bocciato il referendum, e adesso per cambiare la legge elettorale non resta che la via parlamentare. Questo è uno dei due fronti su cui il PD deve agire, l’altro è quello delle primarie. Bisogna essere pronti (e motivàti) per evitare di arrivare con l’affanno alla vigilia del voto nel caso – purtroppo non così remoto –  in cui nel 2013 ci tocchi sciaguratamente rivotare con il porcellum a liste bloccate.

Per questo motivo all’ultima Assemblea Nazionale del 20-21 gennaio è stato presentato da Civati, l’On. Vassallo e altri, un ordine del giorno molto specifico sul tema. Specifico perché non solo vincolava il partito a utilizzare le primarie come metodo per comporre le liste, ma anche perché conteneva le “linee guida” su cui elaborare un regolamento, individuando un metodo chiaro e tecnicamente valido per organizzare la consultazione, frutto di una sorta di “istruttoria” cui hanno contribuito in molti con l’intento di trovare un meccanismo funzionante ma non troppo macchinoso.

Al di là degli aspetti teorici e politici delle primarie, su cui non torno, ci sono quelli tecnici che anche all’interno della federazione imperiese abbiamo avuto modo di affrontare quando in Direzione provinciale approvammo un documento dal contenuto simile. Le primarie sono un validissimo metodo per individuare i candidati a cariche monocratiche (interne o esterne/istituzionali) ma si rivelano meno adeguate nei casi come questo, e cioè quando occorre comporre una lista. Questo accade perché ci si va a scontrare con l’esigenza di una rappresentatività che va oltre a quella puramente numerica, e mi riferisco per esempio alla parità di genere, alla copertura territoriale, alla differenziazione delle competenze. Ne deriva innanzitutto che le primarie hanno un senso se il collegio in cui sono applicate potrà avere almeno “un posto sicuro”; altra condizione necessaria è che lo stesso metodo sia seguito per lo meno a livello regionale, altrimenti non c’è speranza di garantire almeno qualcuno dei criteri di cui sopra.

L’ordine del giorno presentato all’Assemblea Nazionale individuava un metodo trasparente e lineare per abbinare le primarie con la composizione delle liste. Ne consiglio la lettura integrale (è qui ed è piuttosto sintetico) ma volendolo riassumere, questi sono i criteri chiave:

  • ogni provincia costituisce un collegio (con la facoltà di accorpare quelle sotto i 500.000 abitanti oppure scorporare quelle sopra il milione)
  • ciascun elettore può esprime fino ad un massimo di due voti, purché per candidati di genere diverso
  • i seggi vengono attribuiti a ciascun collegio in proporzione ai voti espressi per il PD alle elezioni 2008 per la Camera (con il metodo dei quozienti)
  • la distinzione Camera/Senato avviene solo all’ultimo; quando l'”ordine di arrivo” su base regionale è definito, dal primo posizionato in giù ciascuno sceglie se entrare in una o nell’altra lista

Quest’ultima regola è decisiva, innovativa e decisamente corretta, perché possiamo dircelo con franchezza: non ha alcun senso fare distinzione tra i due rami fino a quando non verrà superato l’attuale bicameralismo perfetto. Tra l’altro così si mette “in palio” un numero più elevato di seggi da spalmare regionalmente accontentando tutti i territori/province. Per la cronaca: con questo sistema alla nostra provincia spetterebbe 1 seggio sicuro dei 9 che il PD ha avuto nel 2008 (6 Deputati + 3 Senatori).

Per quanto riguarda il corpo elettorale, secondo questa proposta può votare chiunque sottoscriva di essere “Elettore del PD”, acconsenta alla pubblicazione online del propri dati anagrafici nell’apposito “Albo degli Elettori”, e ai seggi versi una quota minima a sostegno della campagna.

Tornando all’Assemblea Nazionale, è andata che l’ordine del giorno alla fine non è stato discusso. Il perché ve lo spiegano le parole di Salvatore Vassallo:

Bersani ha poi posto sull’OdG una vera e propria “questione di fiducia”. Nella sua relazione introduttiva ha preso un impegno a “fare le primarie, qualora si voti con il porcellum”. Ma non ha chiarito, ad esempio, se pensa a primarie aperte a tutti gli elettori o riservate ai soli iscritti. Nella conclusione ha poi detto in sostanza: “Per le primarie garantisco io, non c’è bisogno di votare o di discutere di regolamenti”. Con Civati abbiamo quindi convenuto che non si poteva insistere per la votazione. Sarebbe stato come chiedere di votare la sfiducia al Segretario, peraltro non su una questione di indirizzo politico, ma mettendo in dubbio la sua buona fede.

Qui c’è il video dell’intervento di bersani in cui effettivamente dice (minuto 34:10) “do per assunto che se si voterà con la legge attuale noi faremo le primarie per i parlamentari”. Dunque il pallino è in mano a Bersani, che si è solennemente assunto questa responsabilità nonostante a molti tale soluzione non piaccia (da Marini a Finocchiaro, passando per Bindi – che per inciso già si troverà a dover fare i conti con il limite dei mandati).

Siamo dunque alle “Fiduciarie”, come le ha chiamate Civati. Confidiamo nel fatto che la fiducia nel Segretario sia ben riposta, consapevoli che se per qualche motivo l’impegno non verrà mantenuto sarà più che lecito diffidare sia di lui che di tutto il Partito. E non possiamo permetter(ce)lo.

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