il blog di Giorgio Montanari

candidato consigliere comunale a Imperia per Guido Abbo Sindaco

Non al consenso, non all'amore né al cielo

L’Amministrazione Comunale ha intrapreso questa nuova tattica: quando una critica parte dalla cittadinanza, si risponde che ‘non si può esclusivamente inseguire il consenso’, e che anche le scelte impopolari hanno una loro dignità politica.

In effetti è così: bisognerebbe sempre avere il coraggio di fare le scelte che si ritengono giuste, a prescindere dal consenso che si immagina di conquistare o di perdere. Ma si dà il caso che ogni tanto la critica, viceversa, possa essere fondata e dunque vada ascoltata anche se ‘popolare’. Insomma, ‘sta formuletta non vuol dir nulla e ha l’unico scopo di giustificare sempre tutto, sempre. Invece occorre giudicare caso per caso. Pensare che il Sindaco si fa fare i sondaggi ad-hoc per misurare la propria popolarità; e pensare anche al famoso 70% (oppure 85%? o era il 92%?) di Imperiesi che “si ritengono contenti del porto molto bello”. In questi casi l’uso della popolarità è permesso, e il consenso giustifica la scelta. Ma quando al Parasio si forma un comitato spontaneo che raccoglie 2000 firme e preannuncia battaglia, allora non va più bene e “non ci possiamo mica fermare per le proteste di quattro gatti”. Concetto ribadito dal Sindaco proprio durante il consiglio comunale sul Parasio. E d’un tratto aggiunse pure che si era stufato delle resistenze, e si doveva pedonalizzare subito Via Carducci fregandosene della perdita di consenso. Che loro non guardano mica in faccia a nessuno, e vanno per la loro strada.

(Per la cronaca: durante la replica gli feci ironicamente i complimenti per la determinazione, ma aggiunsi che se – trovandosi davanti ad alcune resistenze – ci avevano messo mesi e mesi a togliere due parcheggi da Piazza Dante per metterci due panchine, figuriamoci per pedonalizzare un’intera via di Porto…)

Quella di oggi, anzi ormai dell’altroieri, è la storia di una lettera scritta dalla proprietaria di un ristorante/albergo del Prino. Nasce a notte fonda come flusso di coscenza dai toni accalorati – i nervi tesi causati dall’insonnia “forzata” si leggono piuttosto chiaramente nel testo – per poi finire sui giornali. La lamentela: sabato scorso una discoteca ha martellato fino alle 5 impedendo il riposo di gestori e turisti, turisti che per l’ennesima volta se la sono data a gambe cercando la tranquillità altrove (dopo altre precedenti fughe dovute ad atti vandalici a spese delle auto dei villeggianti, n.d.r.)

Da lì parte un botta e risposta sui giornali online, a cui partecipa il Cons. Angelo Dulbecco che per difendere il Sindaco (la cui profonda analisi è: “queste polemiche annientano il turismo”) tira fuori la formula di cui ho scritto all’inizio. Cioè, dice che loro non sono affatto ‘alla ricerca di mero consenso elettorale’, e che il turismo viene prima.

Sempre tornando al consiglio comunale sul Parasio – in cui si diede veramente grande sfoggio di signorilità, educazione e soprattutto simpatia – il Sindaco commentò un’altra lettera, da una nonnina di Cantù. Anche quella era stata pubblicata dai giornali proprio qualche giorno prima. Parlava sempre del Prino, del degrado, della scarsa attenzione all’estetica, eccetera. Con toni meno forti rispetto al caso odierno, direi rammaricati, annunciava che avrebbe cambiato meta per le vacanze col nipotino. “Se quella signora ha deciso di non venire più a Imperia non sentiremo di certo la sua mancanza”, disse Strescino. Ottimo! E’ proprio la frase-tipo che deve pronunciare chi rappresenta i cittadini di una città turistica (o sedicente tale). A proposito: Imperia è o non è una città turistica?

Potrebbe esser presuntuoso da parte mia voter rispondere qui e ora a questa domanda, che sembra stare a Imperia come “è nato prima l’uovo o la gallina?” sta al mondo intero, ma in realtà il problema non c’è. Perché il punto è questo: anche se rispondiamo “sì”, non basta dirlo affinché sia vero. Può servire d’incitamento, certo, perchè bisogna partire cambiando la mentalità per arrivare a cambiare le cose, e l’autoconvincimento è un primo passo. Ma rituali e semplici mantra non funzionano come formule magiche. Entriamo nel merito: è il caso per esempio del porto ‘turistico’, dove le unità a uso turistico-ricettivo sono sparite in una variante. E’ il caso, più in generale, della politica delle (mille) seconde case e dei (tre) alberghi (e mezzo) di cui Imperia è composta. C’è chi sostiene che non per forza bisogna avere gli alberghi, perché ce n’è già tanti nelle vicinanze; e che comunque c’è tutto un tessuto commerciale che guadagna sui turisti di passaggio che non pernottano. E va bene, accettiamo pure questo punto di vista. Però studiamo la situazione, e chiediamoci come prima cosa: per far funzionare questo modello, quali sono i turisti che cerchiamo? Che caratteristiche-tipo ha, che età ha? E cosa cerca? E di conseguenza, Imperia che cosa deve saper offrire?

Allora, Imperia è una città turistica? La risposta in realtà c’è già: sì, Imperia è una città turistica. Da molto tempo, e per molto altro ancora lo sarà. Non tutti la pensano così, e chi dice che Imperia non è turistica solitamente si riferisce proprio alla non-predisposizione alla vita notturna, andando a citare come modello le città di Rimini e di Riccione. Ma chi non ritiene Imperia turistica si sbaglia, perché è già turistica, nonostante tutto. Anche quando la città sembra voler far di tutto per impedire un certo movimento notturno per i giovani. E’ un dato di fatto: attira i turisti perché le sue bellezze, la sua storia, il suo entroterra, il suo mare, il suo clima, la sua luce – e chissà, magari un pochino anche la sua gente – hanno così tanto fascino da mettere in secondo piano le sue brutture, le sue incurie, le sue chiusure, le sue ingenue inadeguatezze, le sue indecisioni. Perché effettivamente l’indecisione c’è, ma stiamo perdendo tempo sul punto sbagliato anziché focalizzarci su quest’altro, ben più specifico: preso atto che Imperia è turistica, quale tipo di turismo vogliamo sviluppare per sfruttare appieno le potenzialità della città e contemporaneamente migliorare la qualità della vita degli Imperiesi?

Questi due aspetti vanno necessariamente di pari passo. Torno ancora una volta al consiglio comunale sul Parasio, citando Paolo Verda: “una città è appetibile e vivibile per i suoi turisti quando lo è per i propri abitanti”. Questa è la chiave di lettura che può aprire la porta della ‘consapevolezza turistica’ di Imperia. Quando gli imperiesi stanno bene, hanno i servizi giusti per loro, hanno la musica giusta per loro, hanno il decoro giusto per loro, a quel punto sarà tutto giusto anche per i giusti turisti.

E a proposito di Imperiesi, parliamo un po’ di quelli che erano in discoteca la notte incriminata. Per esperienza diretta so qual è la chientela estiva dei locali, e per esser chiari, parlerò di ‘turisti veri e propri’ intendendo i non-imperiesi che fuori dal circuito “ingresso discoteca-chioschetto-al masismo una pizza” spendono almeno un altro euro su territorio comunale. Che siano in albergo, in campeggio, in barca, o anche in casa (ma di passaggio). E quindi sono esclusi i residenti e tutti i ‘pendolari della notte’, che nelle discoteche nostrane sono la minoranza etnica più corposa. E soprattutto: non sono turisti.

E’ per questo che è una sciocchezza fare paragoni con la riviera romagnola, dove le discoteche non sono “un di più” messo a disposizione dei turisti, ma rappresentano insieme alle spiagge il motivo principale per cui quelle località vengono scelte per le vacanze. Qui da noi le cose sono diverse, ci piaccia o no, e le discoteche devono far parte dell’offerta senza compromettere i motivi principali per cui un foresto decide di passare qualche giorno da noi.

Il giro d’affari dei locali notturni non va sottovalutato, affatto. E nemmeno fa differenza se la pecunia è locale oppure viene da fuori: ha sempre lo stesso profumo, dà lavoro a molte persone e crea un indotto degno di rispetto. Ma uno è turismo, l’altro no, punto. Chiamiamolo pure ‘divertimento notturno per residenti’. E poi alcune quantità andrebbero calcolate, o per lo meno stimate, dati alla mano; per vedere se il gioco vale la candela basandosi su qualcosa di concreto e non solo sul noto indice scientifico denominato ‘chi si lamenta di più vince’. Se consentire un certo movimento notturno produce 100 e danneggia il resto per 20, allora è facile: gli anziani (cioè, a conti fatti, gli over-40) vadano a dormire al sole di Ospedaletti, mentre qui teniamo aperte le discoteche fino all’alba. Ma potrebbe risultare il contrario. Ovviamente nel calcolo dobbiamo tener conto solo dei ‘turisti veri e propri’ che partecipano alla vita notturna di Imperia. A questo punto, ammesso e non concesso che l’ago della bilancia continui a pendere dal lato notturno del ‘turismo’, chiediamoci anche se e quanto ‘questi’ turisti corrispondono al tipo che abbiamo individuato come il target-medio che dobbiamo attirare.

Alla fine di questo ragionamento la conclusione viene da sé: la musica alle 5 non va bene. Lo so, detto da me non suona. E mentre lo scrivo mi sento vecchio, ma forse sono solo più imparziale di un tempo. O sarà che se sabato fossi malauguratamente entrato in quella discoteca mi sarei sentito vecchio davvero (dall’alto dei miei 30 anni ancora da compiere) davanti a tutti quei teen-agers che erano al party dello scandalo. Per la cronaca, statisticamente in quell’occasione c’erano di sicuro ancora meno ‘turisti veri e propri’ del solito. Comunque sia, credo che occorra trovare un compromesso di buon senso. Nello specifico: una o due ore in più di musica non portano nulla di più dal punto di vista turistico; non è uno scotto sostenibile. E non si può rispondere alle lamentele di un albergatore dicendo che le sue sono solo polemiche turismocide. E’ una conclusione grossolana, che già soltanto dal punto di vista economico non tiene (salvo voler fare un distinguo tra i diversi operatori turistici per favorirne alcuni a prescindere, ma nel caso sarebbe un altro problema ancora). In alternativa si può dire che ‘divertimento notturno per residenti’ batte ‘turismo familiare’, ma che almeno non ci si appelli a fenomeni che non esistono.

La vedo così: Imperia non è Ibiza, e nemmeno Riccione. Non lo è e non vuole diventarlo; tra l’altro nemmeno potrebbe. Non dico di fermare ogni musica alle 22 e diventare una città dormitorio, ma ci vogliono controlli, molti, e fatti con giudizio, su limiti di rumore e di orari che siano accettabili e rispettati. Rilancio una mia proposta: controllori che girano, senza accanimento, fuori dai locali nei week end. Se qualcuno sfora i decibel lo si ammonisce una volta, al massimo due, nella stessa serata. Però se il volume non si abbasssa entro il consentito, oppure se l’ora è scoccata, allora arriva subito il silenzio coatto senza discussioni, e i clienti gentilmente fatti uscire fuori dal locale. E ogni volta che questo accade, il locale si vede revocata la licenza per un periodo proporzionale alla gravità e alla reiterazione dell’infrazione. La si smetta con blitz estemporanei da ‘goccia che fa traboccare il vaso’ che possono far morire locali da un giorno all’altro e causare più danni che benefici. Si instauri un tavolo con le associazioni di categoria e gli esercenti, dove il Comune possa porsi come un collaboratore e non solo come un vendicativo controllore; lì si cerchi un dialogo per fare accettare le regole del gioco spiegando che sono nell’interesse di tutta la città.

Ma prima, ribadisco, bisogna prendere coscenza di qual è il turismo vogliamo, perché Imperia questa vocazione ce l’ha, vivaddìo. Quando l’avremo capito, smetteremo di servire ai turisti un’insalatona mista dove a seconda del periodo c’è più o meno musica, e ci specializzeremo sul piatto della casa; il resto sarà un contorno. A quel punto potremo fare tutte le scelte giuste, forti della convinzione di chi sa dove vuole arrivare. E allora sì, ce ne potremo fregare tutti del consenso.

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