il blog di Giorgio Montanari

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Patrie galere cubane

Carcere

Durante la celebrazione del ventennale della caduta del muro di Berlino in Comune, il vicesindaco Scajola ha raccontato di essere stato arrestato durante una vacanza in quel di Cuba.

Scajola che ha citato J.F. Kennedy e la sua gamosa frase “Io sono berlinese” pronunciata davanti al muro pochi giorni prima di essere assasinato a Dallas ha raccontato un aneddoto inedito della sua vita. “Nel 1997, mentre mi trovavo in vacanza a Cuba con un amico – ha raccontato il vicesindaco – fui trattenuto per sette ore in una caserma cubana dopo essere stato prelevato dalla polizia in albergo. La nostra colpa era di aver scritto sull’apposito modulo dell’albergo che ci chiedeva come ci eravamo trovati frasi dal contenuto pseudopolitico sul nostro soggiorno nel paese di Fidel Castro”. “Questo – ha aggiunto Scajola – per ricordare e ricordarci come sia, invece, importante essere cresciuti in paese libero, sia pure con tutti i suoi difetti, però, libero come il nostro.

[da Sanremonews.it]

Ha scritto questo corposo comunicato di risposta l’Associazione Italia-Cuba:

“Dispiace che la stampa (locale) abbia frainteso il significato autentico della testimonianza del Vicesindaco Marco Scajola che, in assenza di qualunque contraddittorio, è stata, nelle aule sorde e grigie del comune, evidentemente equivocata. Per cominciare si parla di arresto: evidentemente, non avendo ad oggi avuto dimestichezza con le carceri italiane (a differenza del suo omonimo, innocente, concittadino ministro, forse un parente?), l’ancor giovane Scaiola ha forse confuso una caserma di polizia cubana con un carcere, dove il giovane, e un po’ goliardo, concittadino era finito per aver scritto ‘frasi dal contenuto pseudopolitico’. Immaginando che, ancor giovane, il viaggiatore in questione (che non aveva ancora eguagliato, come oggi, l’intelligenza con la simpatia) non avesse capito che in un paese assediato, sottoposto ad attacchi terroristici di guerra militare, biologica, economica da parte dell’Impero, la società civile , prima e più dello Stato, si dovesse difendere, possiamo capirne l’ingenuità. Forse se, trovandosi per errore dalla parte dei poveri del mondo, il giovanotto in questione avesse rivendicato i diritti dei diseredati nel sud del mondo, come nel Brasile di Chico Mendez e di migliaia di leaders sindacali assassinati, o del civile nord, (ove si ricevevano, come nel nostro allegro Stato, decenni di carcere speciale per qualche dichiarazione azzardata (e nessun reato di sangue…) sarebbe finita altrimenti. Questo, nella Cuba democratica che svolge elezioni ogni due anni, non è mai successo (Amnesty International, associazione certamente non comunista, lo attesta al di là di qualunque menzogna). Un paese che ha privilegiato, egalitariamente, la risposta ai diritti fondamentali della popolazione, dagli alimenti alla casa, dalla scuola alla sanità, dalla cultura allo sport, probabilmente sembra altero e incomprensibile a chi dell’egoistico e prepotente affermarsi su basi davvero personali (l’astuzia) o dinastiche (il rango ascritto), ha fatto una regola di vita. E’ questo che spinge furbescamente a preferire un paese civile come Cuba, con una sicurezza personale, igienico-sanitaria, culturale senza eguali nel terzo e, crediamo, anche nel primo mondo. Chiarito l’equivoco, pensiamo che il raziocinante e onesto vicesindaco in questione non avrà difficoltà ad apprezzare il trattamento ‘suave’ da parte cubana (sarebbe senza dubbio finito peggio nella parte di Cuba ancora occupata dagli USA , Guantanamo), che lo ha generosamente rilasciato, pur infastidendolo per qualche ora. Né di questa generosità né di trattamenti di favore, in ‘un paese libero, sia pure con tutti i suoi difetti, però, libero come il nostro’, ha goduto ultimamente Stefano Cucchi, del quale l’altro ministro Giovanardi scrive che era “drogato e sottopeso”: crediamo che nessuna delle due condizioni meriti la pena di morte, in nessun paese del mondo”.

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