il blog di Giorgio Montanari

candidato consigliere comunale a Imperia per Guido Abbo Sindaco

É finita per davvero

Correva l’anno 2009 e c’erano le elezioni comunali. La coalizione di centrodestra (PdL + Lega) e quella di centrosinistra (PD, RC, Sinistra per Imperia, IdV) cercavano di imporre sull’avversario presentandosi agli elettori con condidati sindaci differenti, programmi differenti, progetti differenti, elettori differenti.

Poi è andata come è andata, e per 3 anni siamo stati all’opposizione continuando a contestare le scelte, il modo di fare politica e le tecniche di gestione del potere che quel PdL – forte del consenso popolare – insisteva nel mettere in atto.

Dopo i grandi casini sul porto c’è stata la nota scissione nel PdL cittadino, capitanata da Strescino che si è d’un tratto convertito a quei sani principi di legalità, giustizia, trasparenza da noi predicati per così tanto tempo. Ha quindi gestito la situazione sul modello Alitalia: ce la ricordiamo la “bad company”? Strescino ha voluto far venire a galla una sorta di “bad PdL” su cui scaricare colpe e accuse, facendo formare ai suoi fedelissimi consiglieri il gruppo “PdL per Imperia” e iniziando una quasi quotidiana guerriglia  mediatica contro i suoi ex compagni di viaggio (consiglieri, ex assessori, ex ministri).

Ieri, infine, un’ennesima conferenza stampa è servita al Sindaco per gettarci l’amo più grosso dopo i continui richiami degli ultimi tempi al bene della città, alla grossa coalizione civica, all’anti-scajolismo, allo scardinamento dell’attuale sistema di potere, alla prosecuzione fino a settembre della nuova giunta tecnica. Ha detto senza giri di parole che vuole governare con noi, che vuole progettare una lista civica insieme a noi per le prossime elezioni, e che auspica che sia il centrosinistra a vincerle.

Bene. E grazie. Ma di questa legittimazione non sappiamo che farcene. O meglio: sono onoratissimo del fatto che Strescino, ex An ed ex PdL, riconosca che noi abbiamo le carte in regola per governare questa città nel migliore dei modi, ma iniziare ora un percorso di governo assieme sarebbe stata una pazzia. Ad oggi io non posso escludere che il PD, per le comunali del 2013, possa far parte di uno schieramento “civico”, “allargato” che vada oltre la “sinistra” tout court; ma è un discorso prematuro e che comunque non poteva e non doveva iniziare con un nostro subentro in maggioranza. Il ribaltone no, grazie. C’è la necessità di un “patto di governo”, un “patto civico”, un “patto chiamatelocomevolete“? Parliamone, ma che la campagna elettorale venga fatta sui programmi, e non sulle marchette. E abbiamo deciso che marchette non se ne devono fare e non se ne faranno. Non le farà più proprio nessuno, da oggi stesso.

Strescino più volte ha detto che si rende perfettamente conto di chiederci molto, nel proponrci un’alleanza con lui. Ha fatto intendere che è conscio dell’ovvia difficoltà che avremmo a coabitare con chi proviene da storie politiche diametralmente opposte alle nostre: in fondo siamo di sinistra, e siamo pure antifascisti. E continueremo ad esserlo. Ma non è nemmeno solo questo il problema. Qualcuno potrebbe anche pensare – legittimamente – che valga la pena turarsi un po’ il naso e governare assieme per il bene della città. Formula generica che vuol dire anche governare di fatto contro il volere della città. Dato siamo stati votati/eletti con tutte le differenze di cui sopra, se si fosse arrivati ad amministrare assieme, allora ciò avrebbe voluto dire una cosa certa: che da una parte o dall’altra avremmo tradito la volontà degli elettori. Non c’è scampo. Ma questo sembra che non lo capiscano in molti, o che non interessi a molti, in primis a quelli che commentano le nostre dimissioni odierne (con una superficialità che a dire il vero non mi sorprende di trovare in una cittadinanza talmente allocca da essersi fatta infinocchiare per 13 anni consecutivi dal Re Sole de noartri) sostenendo che abbiamo ragionato per logiche di partito (ma quali, poi?).

Strescino, sempre ieri nella conferenza stampa in cui annunciava le proprie non-dimissioni, ha citato l’anti-politica: “Ma in questo momento di ‘anti-politica’, come espresso dalle recenti elezioni, penso che si debba tornare a fare politica seria in questa città”. L’antipolitica è come la muffa: si nutre di ambienti umidi, stanze buie, aria stantìa. Tradire gli elettori con un accordo di palazzo è proprio il lievito che fa ingrossare l’ondata di anti-politica, non certo il contrario. C’è bisogno del contrario, di aprire le finestre, di cambiare l’aria, di farne circolare di nuova. Cosa che non stava succedendo e non sarebbe successa nei mesi a venire, e per capirlo basterebbe leggersi queste due righe su Il Secolo XIX di oggi che confermano come dopo la “svolta” stresciniana sembra che sia cambiato tutto ma in realtà non è cambiato un bel nulla. [nell’articolo si parla delle ultime nomine nelle partecipate, e ci si riferisce in particolare a quella di Tonino Di Marco come Presidente dell’AST (azienda partecipata dal Comune riscossioni/affissioni/tributi)]. Dice Strescino:

Il suo gran rifiuto di subentrare in consiglio comunale mi ha salvato, quindi glielo dovevo.

Candido, cristallino, diciamo pure esageratamente sfacciato: il Sindaco ammette che c’è stato un vero e proprio “scambio” con costui, e ha voluto ripagarlo del rifiuto di entrare in Consiglio (così al posto suo ne è entrato un altro che è andato nel neo-gruppo dei fedelissimi, n.d.r.) con una bella presidenza (a spese nostre, quindi).

Fatemi capire: sarebbe questo il nuovo modo di far politica? O forse stavamo passando dallo scajolismo – che adesso per Strescino va assolutamente combattuto e abbattuto – allo strescinismo?

Insomma ieri siamo arrivati al colmo. Strescino ha ulteriormente abusato della sua posizione istituzionale di Sindaco per far politica da capocorrente e proporre patti dichiaratamente elettorali ai “singoli consiglieri” cercando inutilmente di restare in sella per – contemporaneamente – usare le nomine come contropartita dei suoi debiti politici e mica per qualche via meritocratica che un po’ di dignità istituzionale avrebbe richiesto almeno in questo crepuscolo amministrativo. Niente. Lui era già in campagna elettorale (e continuerà a rimanerci) e voleva far entrare anche noi nell’abbuffata anti-scajoliana. Ancora una volta: no, grazie.

Siamo perfettamente consci di avere tutte le carte in regola per essere forza di governo in questa diavolo di città, che finalmente se ne sta rendendo conto. C’è un anno di tempo per ragionare sul futuro sperando che le nefandezze provocate dalla classe politica che fin’ora ha fatto e disfatto  rimangano scolpite nella mente degli imperiesi come scalpellate nel marmo. Solo questa, adesso, è la via di uscita: il voto. Occasione utile e forse irripetibile per dire basta e uscire dal tunnel a cui arriveremo senza palcoscenici istituzionali e posizioni dominanti di sorta. Tutti sullo stesso piano, senza poltrone da scambiarci ma con l’unica doverosa missione di proporre dei programmi convincenti agli elettori che poi dovranno giudicarli nell’urna.

Rassegnare le dimissioni non è stato piacevole. Non è stato divertente. Non è stato facile. Ma era giusto e doveroso farlo, a questo punto. E chi ancora non l’ha capìto, lo capirà presto.

Qui è finito il mio mandato da Consigliere Comunale, di cui mi riprometto di preparare un resoconto.

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