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Il ratto delle Repubbliche

Chi di noi Imperiesi si fosse recato in edicola sabato mattina scorso e avesse chiesto Repubblica, si sarebbe sentito rispondere “non ne ho più”. Forse non in tutte; ma nelle edicole principali – insomma le più centrali, le più frequentate – Repubblica è andata a ruba. Finita. Esaurita. Sparita.

Due omini, si racconta, sono andate a comprarle. Tutte. Tutte quante. Tutte quelle che c’erano. “Gli allegati, non li vuole?” “No, quelli non mi interessano”.

E su La Repubblica, edizione Liguria, venduta qui a Imperia c’erano questi due articoli:

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Il secondo non si trova sul sito de La Repubblica e non c’è nemmeno sul blog di Marco Preve, l’autore. Sono riuscito a trovarlo solo su truciolisavonesi.it. Il titolo dovrebbe essere “Inchieste e burocrazia: così rischia di affondare il porto di Imperia”. Riporto tuttto il testo:

Tra inchieste giudiziarie, pasticci amministrativi, manie di grandeur e crisi economica, il ponente ligure vede naufragare quel sogno che doveva trasformarlo nella terra dei porticcioli. I progetti di Imperia, Ventimiglia e Ospedaletti vanno alla deriva.

Il caso più clamoroso è quello del porto di Imperia, sul quale grava un´ipoteca da 280 milioni di euro, la cui ultima rata di rientro avrebbe dovuto essere versata alla fine dell´anno, tra pochi giorni. Se il debitore fosse un comune cittadino, forse la banca sarebbe già pronta a pignorare la macchina e il salotto di casa.

Ma qui la situazione è diversa. Il 19 febbraio del 2007, sei banche – Bnl, Unicredit, Carige, Monte dei Paschi, Efibanca, Banca Popolare dell´Etruria – sottoscrivono un finanziamento da 140 milioni ad Acquamare, la società del gruppo Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone che ha ottenuto in concessione per 55 anni l’area demaniale dalla Porto Imperia spa, società di cui fa parte oltre a imprenditori privati (Beatrice Cozzi Parodi, il suo socio e compagno Bellavista Caltagirone) lo stesso Comune di Imperia. A garanzia del finanziamento, Porto di Imperia offre non i posti barca, ma le opere a terra, che ad oggi sono ben poca cosa considerato che i lavori ristagnano. Non solo quelli. Di quei 140 milioni ne sono state restituite le briciole. Ma le banche aspettano pazienti. Una in particolare, la Carige, il cui vicepresidente è Alessandro Scajola, fratello dell´ex ministro Claudio, ovvero il primo sostenitore del nuovo porto. E pure gli altri istituti non premono. Per due ragioni: la prima è che il contratto prevede che in caso di mancato saldo del finanziamento l´ipoteca graverà non sui posti barca (già venduti e rivenduti a peso d’oro) bensì sulle opere a terra. E poi perché le principali banche del Paese vantano un credito con le società del costruttore romano che sfiora il miliardo di euro. Il piano di ristrutturazione di Acqua Marcia (è valutata 2 miliardi e mezzo) quinquennale e in quel mare di conti da saldare sono finiti anche i milioni del porto di Imperia. Un´ipoteca che era stata duramente contestata in consiglio comunale dai rappresentanti del Pd Paolo Verda e Beppe Zagarella e da Pasquale Indulgenza di Rifondazione. L’ufficio stampa Acqua Marcia spiega che i ritardi nell’opera sono dovuti «a mancati incassi derivati da altri debitori del settore immobiliare e da un’incessante campagna di stampa che ha creato un clima di sfiducia nonostante il porto sia vivo e perfettamente funzionante». Antonino Parisi, avvocato milanese e nuovo presidente della Porto di Imperia, gradito alle banche, ha il compito di provare a far avanzare i cantieri paralizzati. Qualcosa si muove ma l’ultimo sopralluogo di due giorni fa della Commissione collaudo regionale si è ritrovata a constatare infiltrazioni di acqua nella nuovissima autorimessa.

Intanto si attende la chiusura dell’inchiesta che vede indagati per associazione a delinquere Caltagirone Bellavista e Claudio Scajola oltre agli ex vertici e dirigenti della Porto Imperia. L’ipotesi accusatoria è che l’affidamento dei lavori ad Acquamare sia stata pilotata da Scajola. Gli indagati smentiscono e sostengono che siano state seguite le procedure stabilite dalla legge sulla nautica varata dall’allora ministro Claudio Burlando, oggi presidente di una giunta regionale che sull’affaire Imperia non ha mai speso molte parole.

Marco Preve da La Repubblica

chieste e burocrazia Così rischia di affondare il porto di Imperia

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