Quello che si sta consumando negli ultimi giorni, intendo il casino delle liste del PdL, è un pastrocchio all’italiana che più all’italiana non si può.
Scrive Luca Sofri:
Come accenna Pippo Civati, la turpitudine del decreto ad paninum non è solo nel suo legittimare una violazione, ma è anche nel costruirne un’altra, di violazione. Il decreto stabilisce infatti un’amnistia sulle “irregolarità formali”, distinguendole dalle questioni sostanziali. Le conseguenze possono quindi essere solo due:
– o conveniamo che la consegna di firme valide sia una questione sostanziale rispetto alla presentazione di una lista, in quanto impedisce che si candidi chiunque senza nessuna legittimazione ed è una norma che fa rispettare un principio; e in questo caso il decreto non è applicabile sull’invalidità delle firme, le irregolarità non potendosi definire “formali”.
– oppure, se il decreto vale per le firme non valide di Formigoni – la cui non validità non può essere distinta tra formale e sostanziale: chi stabilisce se io non metto un’autentica perché me la dimentico o se non lo metto perché la firma è taroccata? – allora vuol dire che la validità delle firme è ritenuta una questione “formale”, e non una garanzia necessaria, e allora d’ora in poi al diavolo timbri, autentiche e raccolta delle firme stesse
In più, mi pare che l’idea che le regole possano essere ufficialmente distinte tra “formali” e “sostanziali”, e di conseguenza violabili o no, genera un mostro e un precedente devastante, come si può immaginare. Tornando al famoso esempio del pagamento dell’IVA, cos’ha di sostanziale il rispetto della scadenza? O l’indicazione esatta dei codici tributo? Basta che paghi, no?
In Lombardia nel frattempo la lista è stata ammessa, mentre il TAR del Lazio conferma l’esclusione. Vediamo come va a finire, ma non dimentichiamoci che comunque Formigoni resta sempre ineleggibile.
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